Fedeli ad una tradizione decennale di anticonformismo in allegria e riflessione, quest’anno il Circolo Culturale Cosmopolis Pansempione si è unito a quanti hanno festeggiato l’anniversario della caduta del fasismo (25 luglio 1943) con l’ormai famosa pastasciutta antifasista.

A questa data il Circolo ha festeggiato  ritrovandosi per cenare cucinando la ricetta in originale come in data in celebrazione. Tale piatto e ricorrenza si confessa essere immerso dalla più completa ignoranza, venendone a conoscenza dopo l’inconsueta pubblicità che le reti ANPI ed antifasiste in generale hanno prodotto nelle recentissime settimane.

Tale ricorrenza risulta essere in uso da parecchi anni in quel di Reggio Emilia e provincia, avendone origine dalla festa organizzata la sera stessa dai celebri fratelli Cervi, abitanti a Campegine. alla notizia della caduta del fasismo. Tale tradizione ha avuto diffusione, ci risulta, a partire proprio da quest’anno, 81° anniversario del fatto. Ci si chiede come sia stata possibile la dimenticanza del pur giocondo uso reggino da parte di chi avrebbe dovuto presidiare l’eredità morale dei partigiani, soprattutto di quelli di riferimento dei martiri Cervi.

Domanda retorica, a cui si è data documentata risposta durante la felice cena.  A questo punto non sarà ridondante riportare ciò che disse  Alcide Cervi, padre dei sette fratelli fucilati dai fasisti all’indomani del loro ritorno al potere:  Aldo propone: “Papà, offriamo una pastasciutta a tutto il paese”. Bene, dico io. Prendiamo allora il burro dalla latteria. La farina l’avevamo in casa. Altri contadini l’hanno pure data e sembrava che dicesse “mangiami” ora che il fasismo e la sua tristezza erano andati a ramengo. Facciamo vari quintali di pastasciutta insieme alle altre famiglie. Le donne si mobilitano nelle case. Intorno alle caldaie, c’è un grande assaggiare la cottura.

Il bollore suonava come una sinfonia. Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fasismo, ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore. La ricetta è semplice e gustosa se eseguita bene e sopratutto se condita con il simbolismo da cui è nata: portare ad ebollizione abbondante acqua salata in una pentola alta. Aggiungere la pasta per il tempo di cottura. Scolare la pasta e passarla in una padella precedentemente riscaldata. Aggiungere un paio di mestoli di acqua di cottura. Girare la pasta in modo che si amalgami. Togliere dal fuoco ed aggiungere burro e parmigiano, continuando a girare. Eventualmente aggiungere ancora un po d’acqua di cottura e servire.

La sera di quel 25 luglio del calendario della Storia Patria, la pasta fu portata via carri, in grandi calderoni fino alla piazza del paese. Fu distribuita con gran festa, nonostante fosse chiaro che le guerra ancora non era finita, che le preoccupazioni ed i pericoli non sarebbero cessati con un semplice annuncio radio, ma per una sera almeno, ci fu festa grande, speranza, luce in fondo al tunnel. I piatti di pastasciutta giravano, c’era la musica e le campane a festa. Persino un ragazzo in camicia nera fu invitato a partecipare. Anche per lui s’intravedeva la luce della Libertà.

Per completare le celebrazioni si è pensato di unificare al 25 luglio, anche la ricorrenza del 29 luglio, giorno che vide protagonisti Gaetano Bresci ed il re Umberto 1°. Come consueto si è lungamento brindato e cantato pel primo dei protagonisti e vagamente menzionato il secondo. Non va escluso nessuno dei protagonisti e dei fatti della nostra Storia. Ognuno con la luce che si vuole proiettare: tragica, eroica, pacifica, rassicurante, livida… Ricordare per ripetere e per non ripetere, secondo personale riflessione. Arrivederci alla prossima ricorrenza.