In occasione del 32esimo anniversario della strage di via D’Amelio il Movimento delle Agende Rosse, in collaborazione con la Casa di Paolo, AntimafiaDuemila, con il supporto della Aopcs e con il coordinamento della VM Agency Group di Vincenzo Montanelli, ha organizzato a Palermo quattro giornate precedenti la commemorazione del 19 luglio, in programma quest’ultima, come di consueto, nella via dove ebbe luogo l’attentato nel quale persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Per questa occasione le alunne e gli alunni coinvolti nel percorso sulla legalità, accompagnati dagli operatori del Centro di Protagonismo Giovanile, si sono recati a Palermo in via D’Amelio per prendere parte alle commemorazioni dell’attentato del 19/07/1992.
Raccontano così il loro viaggio e la loro esperienza….
Tornare a Palermo in questi giorni ha sempre un effetto speciale: ci si trova catapultati nella tragedia ma si incontra “gente speciale” che combatte per la ricerca della verità. Ormai, possiamo dire che ci si rincontra, che si rimettono insieme le storie, che si conosce, ogni volta, qualcuno di nuovo. Quest’anno, dal vivo, abbiamo conosciuto il magistrato Nino Di Matteo, in via D’Amelio, nel pomeriggio del 19 luglio, giorno della strage. Cosa possiamo dire! Se un magistrato, un giudice, un procuratore generale, è costretto a vivere con un sistema di protezione così elevato da compromettere persino le minime libertà personali, vuol dire che siamo ancora lontani dalla verità. Verità sui depistaggi di via D’Amelio, verità sul processo passato alla storia come “la Trattativa Stato mafia”, verità sulla Falange Armata, verità sul processo “‘ndrangheta Stragista”, verità su quali persone forzarono il computer di Giovanni Flacone, verità sulla scomparsa della Agenda Rossa, verità su Nino Agostino, Attilio Manca, Claudio Domino e potremmo andare avanti per ore. Se queste verità fossero state accertate, se la mafia fosse stata messa all’angolo per il conteggio definitivo, se non ci fossero parti delle istituzioni corrotte, da chi o che cosa dovrebbero essere protetti questi magistrati? Scarpinato in pensione con la scorta! Di Matteo, Lombardo e Gratteri con una protezione così forte da far pensare all’osservatore si turno: “ma fare del bene è così pericoloso? Ne vale la pena? Cosa mettono in discussione le verità che questi uomini stanno cercando? Un sistema che va oltre la mafia? Perché, ancora oggi, dopo tanti dopo anni dalle indagini e dai gradi di giudizio contrastanti, questi uomini sono ancora in pericolo? Perché Vincenzo Agostino, morto ad aprile, era ancora sotto scorta dopo 35 anni dall’omicidio del figlio, della nuora e del nipote che aveva in grembo? Solo perché cercava la verità?
Riflessioni, solo riflessioni e ancora riflessioni. Quando arriviamo in via D’Amelio tutto torna “al presente”. Il passato diventa un “presente monco” di alcune parti delle stesse storie di cui è composto, il presente stesso è ancora così ingombrante in termini di “trentennale esplosiva asfissia”, un qui e ora così confuso tra verità storica e giudiziaria da non rendere plausibile lo slancio verso il futuro. Questo accade nel momento in cui si entra nel luogo della strage da via dell’Autonomia Siciliana. Poi si incontrano persone che fanno vivere la memoria e tutto assume una dimensione, cominciano a farsi vive altre dimensioni, quelle della speranza, del coraggio, della ricerca di giustizia che non si confonde con la vendetta. Il futuro per noi assume la fisionomia delle persone giuste come l’avvocato Fabio Repici, come Stefano Mormile, fratello di Umberto, l’educatore ucciso a Milano nel 1990, come Flora, la figlia di Vincenzo e la sorella di Nino, ucciso mentre si recava alla festa del diciottesimo suo compleanno. Poi troviamo tutti gli altri le altre, ma la sorpresa arriva a dieci minuti dalle commemorazioni quando Stefano ci dice che vorrebbe leggere la storia del fratello attraverso le nostre voci, saliamo sul palco e quando Stefano annuncia “leggerò con i ragazzi di Cornaredo” parte un applauso spontaneo dal pubblico che non si è dimenticato delle nostre riflessioni condivise nel corso delle due precedenti commemorazioni. Ecco perché andiamo a Palermo: questa città porta con sé tutte le contraddizioni della vita, con una strana soluzione di continuità, a volte davvero incomprensibile, nella quale convivono la bellezza e il degrado, la ricerca di giustizia e l’opacità morale, la voglia di verità dei parenti di vittime di mafia e gli ideologi di nuovi partiti già condannati pe concorso esterno in associazione mafiosa. Questa città però ci ha regalato una naturale voglia di giustizia che porta il nome di Salvatore Borsellino, autentico combattente, fratello di vita e di memoria.
Fonte Comune di Cornaredo.